More Than Enough Stephane Deschezeaux
Correte, ho ammazzato mio padre. Con queste parole un ragazzo di 19 anni ha chiamato il 112 all'inizio di una mattinata tragica a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Intorno alle 9 un ragazzo di 19 anni, Gianluca Loprete, ha ucciso suo padre, Antonio, 57, direttore di banca. Il giovane - in evidente stato di choc - ha contattato il 112 riferendo quanto accaduto negli istanti precedenti. Il delitto è successo in via Saint Denis al numero 9, vicino all'ospedale di quella che un tempo era chiamata la Stalingrado d'Italia e che proprio oggi va alle urne per eleggere il sindaco.
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È un delitto maturato nella difficoltà di gestire problematiche psicologiche quello di cui è autore Gianluca Loprete, il 19enne di Sesto San Giovanni (Milano) che presumibilmente ieri sera ha ucciso il padre Antonio, direttore di banca di 57 anni, e poi ne ha sezionato il cadavere. Lo ha confermato all'ANSA il Procuratore della Repubblica di Monza Claudio Gittardi, che ha spiegato come il ragazzo fosse in cura da tempo al Cps di Sesto San Giovanni. Quando i soccorritori sono entrati nell'appartamento del 57 enne, stamattina, davanti ai loro occhi si è presentata una scena indescrivibile, con il 19 enne con un coltello ancora tra le mani, che forse è l'arma del delitto ma non quella utilizzata per tentare di sezionare il corpo. A quanto emerso, per ridurlo nelle condizioni in cui è stato trovato, sarebbe stata necessaria un'arma molto più grossa, non ancora identificata. La madre del 19 enne, ex moglie del padre, non vive a Sesto San Giovanni.
È stato arrestato per omicidio aggravato e vilipendio di cadavere il 19enne che questa mattina a Sesto San Giovanni ha chiamato il 112 riferendo di aver ucciso suo padre. Arrivati nell'appartamento, in un condominio del centro cittadino, i carabinieri hanno ritrovato nella camera da letto il cadavere dell'uomo - L. A.C., 58enne, incensurato, separato e impiegato - mutilato e sezionato in più parti. Il figlio, L. G., studente e incensurato soffre di problemi psichici, per i quali è in cura presso il cps (centro psico sociale) del Comune dell'hinterland milanese. Una volta condotto negli uffici della compagnia carabinieri e medicato per una ferita da taglio superficiale alla mano destra, il 19enne, interrogato dal pm della Procura di Monza, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Al termine delle formalità di rito - fanno sapere i carabinieri - sarà condotto nel carcere di Monza, dove resterà a disposizione dell'autorità giudiziaria. Nell'appartamento sono in corso gli accertamenti tecnici - condotti dal personale specializzato del Comando provinciale di Milano - finalizzati a ricostruire la dinamica dell'omicidio.
"VENITE, ho ucciso mio padre". E il padre era lì in un lago di sangue, in agonia, il figlio a pochi passi, pronto a confessare.Soltanto pochi minuti dopo, alla fine di una corsa disperata in ospedale, Marco Auriemma, 45 anni, è morto per mano del figlio Luca, ventiduenne, che l' ha massacrato a colpi di bottiglia e l' ha finito con otto coltellate al petto. Scenario del parricidio, un palazzone popolare di Torre Maura, al numero tre di piazza Paradisee, dove la famiglia Auriemma viveva da tempo. Si è trattato del drammatico epilogo dell' ennesima lite in famiglia, dell' ultima sfuriata di un padre difficile. La discussione è esplosa in casa intorno all' ora di cena: Marco Auriemma, alcolista, un carattere duro, ha preso a discutere col figlio, l' unico rimasto a vivere in famiglia. C' è stato uno scambio di parole pesanti, gli insulti, fino a quando Luca ha impugnato la bottiglia e colpito alla testa il padre. Tra i due è cominciato un tremendo corpo a corpo. Fino al momento in cui, preso dalla furia, Luca Auriemma ha afferrato un grosso coltello da cucina e colpito a morte il padre, otto volte in parti diverse del corpo, fino a vederlo cadere in terra, dopo le pugnalate al petto, al cuore.Il tempo di rendersi conto, di riprendersi dalla furia e dallo stordimento e Luca Auriemma, che lavora nella zona come idraulico, ha deciso di confessare il parricidio. Sul posto, intorno alle nove, sono accorsi gli uomini della Squadra mobile, corordinati da Carlo Saladini, funzionario di turno. Inutili i tentativi di soccorso al Policlinico Casilino dove per l' uomo i medici non hanno potuto fare nulla: le ferite avevano leso irreparabilmente gli organi vitali.Alla polizia, il compito di raccogliere la confessione di Luca Auriemma, che dalla Questura è stato portato in carcere a Regina Coeli. Sul corpo della vittima è stata disposta l' autopsia. Sul posto, a tarda sera, anche il magistrato, il dottor De Crescenzo.Nell' abitazione di piazza Paradisee, Luca Auriemma abitava insieme ai genitori: è un condominio tranquillo, decoroso, dove la famiglia abitava al primo piano. Al momento del delitto, che è avvenuto nell' ingresso dell' abitazione, in casa c' erano soltano Luca e il padre Marco, che lavorava come manovale. Non c' è traccia della madre: sembra che al termine di un pomeriggio violento, in cui Marco Auriemma ha continuato a bere, ad aggredire la donna, Luca abbia deciso di allontanarla, di farla andar via, per risolvere la situazione. Più tardi, la tragedia. Dopo la confessione, il giovane Luca si è chiuso nel silenzio: non ha alcun precedente con la giustizia né problemi di tossicodipendenza o altro. La sua vita è stata segnata dalla presenza di un padre alcolizzato, che sulle donne della famiglia ha sempre infierito, picchiandole. La madre di Luca ha una invalidità permanente, è sorda da un orecchio. La sorella maggiore, per fuggire da quell' inferno domestico, è andata a vivere con il suo compagno, lasciando in casa il fratello Luca: una vita semplice, da ragazzo qualsiasi, il lavoro come idraulico, il desiderio di una vita normale. Soltanto, la tremenda difficoltà di vivere con un padre padrone violento esplosa, dopo una serie sterminata di sopraffazioni, in un attacco omicida.
Anthony è stato quindi affidato alle cure del padre, che non solo non gli ha permesso di iscriversi a scuola, ma non ha nemmeno prestato molta attenzione al suo sviluppo generale. Si apprende in una puntata della docu-serie che il ragazzo abbia imparato a leggere, scrivere e acquisire alcune altre nozioni di base a 10 anni. Ad impartirgliele è stata la matrigna Susan. Come se non bastasse, la docu-serie rivela che non gli era permesso avere amici. Inoltre ogni suo movimento era monitorato da un GPS o da telecamere, il che ha impedito al ragazzo di avere una vita sociale.
Sentito anche dal pubblico ministero Fabrizio Gaverini, il giovane è stato quindi arrestato con l'accusa di omicidio volontario. Francesco Colleoni è in carcere, in attesa dell'interrogatorio fissato per domani, martedì 5 gennaio. L'autopsia sul corpo del padre Franco, che stabilirà le esatte cause della morte, è stata invece programmata al 7 gennaio.
Dopo essere sparito per tanti anni, il padre di Jean-Luc riappare nella vita del figlio. Jean- Luc è ormai un affermato dottore, ma il padre continua a guidicarlo e a guardarlo con disprezzo. Costretto a fare i conti con il suo passato, Jean-Luc dovrà scegliere se dimenticare e perdonare o continuare a vivere nel risentimento.
E' stato trovato nell'azienda di famiglia riverso in terra, in una pozza di sangue, senza vita. E' morto martedì 12 novembre, a 76 anni, un uomo, titolare di un'impresa di infissi in via Soriso, a Boccea. A.C., queste le iniziali della vittima, sarebbe stato ucciso del figlio D.C. di 38.
E' stato infatti lui, una volta rintracciato dalla polizia, a confessare: "Sì, ho ucciso mio padre". Le sue parole dovranno essere ascoltate anche dal Pm di turno che, una volta verificata la veridicità della confessione, potrà emettere il decreto di fermo per omicidio e il conseguente (ed eventuale) arresto.
Un racconto di tre ore, con la lucidità di chi non si pente di ciò che ha fatto e non mostra né una lacrima né un segno di rimorso per avere strangolato ed ucciso entrambi i genitori. Le dichiarazioni di Benno Neumair, figlio di Peter Neumair e Laura Perselli, coniugi di Bolzano scomparsi nel pomeriggio del 4 gennaio, svelano la drammatica verità di quanto è accaduto.
Un vero e proprio caso nel mondo della letteratura contemporanea francese: Chi ha ucciso mio padre, opera del giovane scrittore Édouard Louis, ora in scena per la regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini.
Scegliendo Francesco Alberici come interprete gli artisti hanno cercato la massima distanza possibile dal mimetismo con la voce che in Chi ha ucciso mio padre parla in prima persona per raccontare la storia di tutti noi attraverso una storia di uno solo.
Per primo hanno ucciso mio padre racconta questi tre anni e mezzo di storia per ricordare, alla stregua del Museo del Genocidio Tuol Steng di Phnom Penh e dei Campi di Sterminio di Choeun Ek, tutte le vittime della storia cambogiana. Una storia talmente cruenta e brutale da sembrare irreale.
Ora, probabilmente ti starai chiedendo il senso di questo post. Non ti sto raccontando la trama di Per primo hanno ucciso mio padre e non ti sto raccontando la tragica storia della Cambogia se non per sommi capi. Considerato che non scrivo perchè non ho di meglio da fare visto che al momento sono in viaggio, dove voglio andare a parare?
ROMA. Voler uccidere il padre, per vendicarmi di lui. Questo desiderio represso e proibito avrebbe contribuito a spingere Manuel Foffo a torturare a morte Luca Varani, assieme a Marco Prato. È lo stesso assassino reo confesso del Collatino, a Roma, ad averlo detto al pm Francesco Scavo nel suo secondo interrogatorio, venerdì scorso nel carcere di Regina Coeli. Un'apparente conferma che il movente di un crimine orribile va cercato più nella psiche che nelle vite dei due giovani, oltre all'effetto di alcol e cocaina. Volevo uccidere mio padre e forse ho combinato tutto questo per vendicarmi di lui, ha dichiarato Foffo, figlio di un imprenditore romano che due giorni dopo il delitto a "Porta a Porta" aveva parlato del suo ragazzo modello. 041b061a72